16 Dic «Le donne costituiscono la metà migliore dell’umanità» (Gandhi)
Il potere di cui parlo non è quello che ci hanno abituato a considerare, bensì il potere di amare, scegliere, essere libere, procreare, curare, esprimersi; di essere tutelate per quanto riguarda il lavoro, la salute, la maternità. Il potere di raggiungere davvero parità di diritti. Il potere di difendere la natura, la vita, la pace; di recuperare il nostro ruolo ancestrale
Le donne sono più intelligenti degli uomini. Possiedono un mix di superiorità genetica, impegno, competenza, capacità, inclinazioni, magia, resistenza fisica, possibilità di procreare, indipendenza, maturità, longevità, sincerità, abilità di gestire con maggiore facilità le emozioni. Vivono contemporaneamente il razionale e l’irrazionale, senza la linea di demarcazione che gli uomini hanno bisogno di tracciare, arrivano con l’intuito dove gli uomini approdano – e a volte neanche ce la fanno – col ragionamento. Gli uomini decidono seguendo una logica rigida, rincorrono processi più semplici, già collaudati in precedenza; le donne non cercano appigli, si tuffano nella soluzione, senza il timore di navigare in acque differenti. Hanno un cervello più sofisticato capace di prendere decisioni complesse in tempi molto brevi, esulano dagli schemi, e quelle che potrebbero sembrare soluzioni fantasiose si rivelano puntualmente efficaci. Per le donne tutto è più fluido.
Riassumendo, come ripeteva Gandhi, «Le donne costituiscono la metà migliore dell’umanità». E allora perché non sono al potere? Perché continuano a occupare posizioni marginali nella società? Perché quando salgono nelle diverse scale professionali difficilmente possono andare oltre una certa soglia? L’affermarsi del femminile è impedito da una lunga serie di disuguaglianze e discriminazioni. La questione fondamentale è che ancora troppi diritti vengono violati, che in troppi paesi del mondo le donne subiscono non solo violenze private ma perpetuate dallo Stato. Anche l’Italia è molto lontana dall’essere una nazione civile capace di tutelare i diritti femminili. É essenziale che la parità esista davvero, di considerazione, di salario, sanitaria, umana.
La non coesione delle donne lascia spazio al predominio degli uomini, consolidando l’agire conflittuale che sta facendo implodere e al contempo esplodere il mondo. La strada è lunga, ma se le donne cominceranno a seguirla insieme condividendo l’impegno, raggiungeranno risultati strabilianti.
Noi donne navighiamo nelle contraddizioni con tale disinvoltura da non vederle più come tali, e allora ho viaggiato nei diversi aspetti del femminile senza il timore del confutarmi. Ho cercato di porre in evidenza una serie di ragioni che impediscono alle donne di raggiungere il potere, seguendo un percorso culturale, storico e scientifico, soffermandomi sull’attualità poco edificante. Ho narrato storie di donne che nel presente e nel passato si sono contraddistinte per il loro spessore, che con determinazione e coraggio sono riuscite a conquistare a loro modo il potere, inteso anche come possibilità di coinvolgere, comunicare, curare, difendere, rappresentando un esempio. Poi ci sono le donne che il potere immaginano di averlo raggiunto, ma nella corsa verso un posto al sole hanno perso ogni caratteristica femminile, ma da queste le donne che rappresentano un modello positivo prendono orgogliosamente le distanze. Infine c’è la speranza del perseguimento di un percorso comune, una lotta pacifica in grado di condurci verso un miglioramento dell’intero genere umano. Gli elementi essenziali portati da un’aggregazione femminile sono semplici: pace e non guerra, cibo e non fame, donare la vita e non toglierla. Questa sinergia potrebbe determinare quel decisivo cambio di rotta che ormai non è più solo un’esigenza ma un’urgente necessità. Una nuova energia sublime e salvifica, capace di riorganizzare il caos del mondo moderno con una visione equa, tollerante e democratica. Questo è il vero potere che le donne possono raggiungere, ed è un dono di cui abbiamo estremo bisogno.
Federica Morrone
Prefazione di Chiara Gamberale:
Ma Ahimè sei nata tu!
Pensare che quando è nata c’eri rimasto male perché era una femmina.- Ricordava mia madre a mio padre, ridendo, quando lo sorprendeva a contemplarmi con occhi innamorati.- E adesso guardati qui. Pazzo di lei. Che mio padre fosse pazzo di me (e io di lui) avrebbe compromesso la mia vita dall’adolescenza in poi, ma questa è un’altra storia. Che lui avesse desiderato un figlio maschio, invece, è stato il tarlo che s’è infilato nella mia infanzia, ancora continua a crescere con me ed è la storia da cui questa introduzione non può prescindere.
E’ proprio a lei che Federica Morrone con il suo libro (che fra l’altro mi sorprende, imbarazza e commuove dedicandomi un capitolo) regala l’interpretazione che le era sempre mancata. Anzi, la regala a loro: cioè alla mia storia, ma anche a quella tua e sua e loro. A quella di tutte le donne che, leggendo queste pagine, potranno mutuare sensi di colpa ancestrali con ancestrali diritti, velleità con desideri legittimi, la vergogna con la fierezza, i perché proprio a me? con evvai, proprio io. E, soprattutto, un pericoloso “ahimé” sempre in agguato con un “per fortuna”. Perché come se non bastassero le madri che per prendere in giro (per difendersi dal? ma questa rimane un’altra storia, o forse a questo punto no) l’amore matto dei padri per le figlie dispensano aneddoti che preferiremmo ignorare, se sei nata alla fine degli anni settanta o giù di lì ci si metteva pure lei. Lady Oscar. “Grande festa alla corte di Francia/ c’è nel regno una bimba in più”. E tu, dietro alla sigla, a cantare, tutta contenta. “Biondi capelli e rosa di guancia/ Oscar ti chiamerai tu”. Ancora tutto bene. Finché. “ Il buon padre voleva un maschietto…” Problemi suoi. “ Ma ahimè sei nata tu…”. Aiuto! Aiuto. Aiuto! Eh no che non erano del padre di Oscar, e dunque della società: tutta, i problemi. Erano di Oscar! Ahimè, era nata lei: una femmina. Ahimè, eri nata tu: tu che stavi allegramente cantando quella sigla, tu che ti saresti appassionata a quel cartone animato. Femmina, disgraziatamente. Ma non essendoci fuori dalla tua porta la Rivoluzione Francese dove buttarti per espiare la tua colpa e dimostrare di sapere usare il fioretto, che cosa avresti potuto fare? Lo avresti dimostrato senza rendertene conto, da lì in poi, a tuo padre, al mondo, ma soprattutto a te stessa, con una rinuncia impercettibile, poi sempre più evidente, con il rifiuto di una frivolezza per te in quel momento necessaria, con un “mi dispiace” di troppo, un “chiedimi subito scusa” mancato. Che sia la sigla di Lady Oscar, la chiacchiera distratta di una madre, lo sguardo dimesso di una nonna a entrarti nei gangli e non farti vivere appieno la grande festa alla corte del mondo di essere nata donna, poco conta. L’importante, prima o poi, meglio prima che poi, presto o tardi, meglio ora, è farlo. Questo libro di Federica Morrone, questo viaggio scrupoloso, dolorante e felice nella storia, nella letteratura, nella società, nelle nostre case è il migliore invito a quella festa che possiamo ricevere.